Il settore della marijuana è in crescita, con sempre più sostenitori e investitori, soprattutto nei paesi dove la legislazione continua nel suo cammino verso la regolazione della produzione e il consumo della pianta. È questo il caso degli Stati Uniti, dove le varie amministrazioni sembrano di muoversi nella stessa direzione. Eppure i dati confermano che la legalizzazione non porta l’eliminazione totale del mercato nero della marijuana.
Gli USA hanno veramente intrapreso una strada lunga e un po' brutta che punta a rimuovere i confini dell'uso della marijuana. Sono già 33 gli stati che ammettono l'uso della cannabis per fini terapeutici e 10 quelli che hanno liberalizzato il suo uso ricreativo. Inoltre, l'Agriculture Improvement Act, firmata dall'amministrazione Trump alla fine del 2018, ha dato una bella spinta alla canapa industriale, rompendo con la linea d'azione finora seguita nel pieno rispetto delle leggi stabilite a metà del XX secolo.
Detto questo, è chiaro che il mercato della cannabis è in pieno fervore. Le previsioni più ottimistiche indicano che nel 2022 il paese nordamericano riuscirà ad incassare circa 20.740 milioni di euro grazie alla marijuana, raddoppiando la cifra attuale.
Ciononostante, il mercato clandestino continua verso l'alto, dimostrando così che le modifiche legislative non l'hanno quasi sfiorato. Infatti, si stima che 41.140 milioni di euro dei 46.550 milioni di euro generati dall'industria della cannabis provenivano da mezzi illeciti.
Questo dimostra che, a prescindere dal fatto che la cannabis venga o meno legalizzata, bisogna adottare ulteriori misure per porre fine o almeno per diminuire l'impatto del mercato nero. Ecco alcuni dati molto interessanti al riguardo.
Il mercato nero resiste (grazie alle tasse)
Uno dei motivi principali della solidità del mercato illegale è decisamente l'imposizione fiscale del prodotto legale, il quale rende il prezzo troppo alto per il consumatore. L'aliquota sulla marijuana varia dal 37% (Washington) al 10,75% (Massachusetts), una cifra che la maggior parte degli analisti considera estremamente elevata. Il Colorado, ad esempio, con l'aliquota fissata al 30% non è riuscito a far fronte al mercato illecito. La tendenza attuale è quella di fissarla tra il 10% e il 25%.
Gli ostacoli burocratici alimentano il mercato nero
Un altro problema che rende il mercato nero così forte sono gli ostacoli incontrati dai grower che cercano di diventare produttori autorizzati. Lo stato del Nevada e la città di Denver (Colorado) ne sono esempi lampanti. Lì l'uso della cannabis è permesso, a patto che sia in un luogo non accessibile al pubblico. Questa condizione non incoraggia l'acquisto di cannabis legale perché non rappresenta alcun vantaggio per i consumatori.
La legalizzazione avanza ma pure gli arresti
Un dato curioso, che sembra infatti andare contro la realtà, è che nel 2016 e nel 2017 gli arresti legati alla cannabis aumentarono considerevolmente. La cosa paradossale è che l'incremento è successo nel momento in cui più stati hanno legalizzato l'uso medicinale e ricreativo della cannabis. Quest'aumento riguarda alla possessione, nel 91% dei casi, perché gli arresti per la coltivazione e il consumo sono diminuiti.
Più detenzioni ma meno confische
Continuando con i paradossi, va notato che il valore delle confische effettuate dalla DEA ha registrato un crollo vertiginoso. Tra il 2016 e il 2017, è passato dagli 11,25 milioni di euro ai 7,35 milioni. Questo è dovuto al fatto che i ricercatori della DEA si sono concentrati sulle reti di narcotraffico più grandi, destinando il 15% delle risorse alla lotta contro il traffico di cannabis. Così i gruppi criminali organizzati si sono trasferiti negli stati dove la produzione di marijuana è permessa per poi spedire i prodotti agli stati dove è ancora illegale, guadagnando moltissimo denaro.
Il mercato clandestino transfrontaliero è in caduta libera
Le cifre rivelano un crollo del traffico di cannabis al confine USA-Messico. Almeno questo ci portano a pensare i dati relativi alle confische effettuate in zone di confine, che sembra siano diminuite del 44%. Non è chiaro però se questa riduzione è dovuta al crollo del traffico o al fatto che le autorità forse hanno iniziato a chiudere un occhio. Ciò che si sa è che i grower illegali del Colorado o della California, per esempio, non devono più supportare i costi di trasportare le merci attraverso una frontiera. Ciò significa che possono offrire un prezzo inferiore a quello dei cartelli messicani, che hanno infatti iniziato a riciclarsi sostituendo la produzione di cannabis con quello di droghe pesanti come l'eroina o gli oppioidi, seguendo la loro crescente popolarità negli USA.
Limitare la coltivazione a casa riduce l'offerta del mercato nero
Alcuni dati provenienti del Colorado ci inducono a pensare che la restrizione della coltivazione a casa ha un notevole impatto sul mercato nero. Oggigiorno è possibile coltivare fino a 16 piante per il consumo personale, una cifra ben al di sotto delle 99 che qualche tempo fa venivano coltivate, generando un'eccedenza che finiva sul mercato nero. Coincidenza o meno che sia, la nuova limitazione ha portato alla riduzione dell'offerta illegale.
Non tutti gli stati sono uguali
Nonostante i vari elementi in comune, sono assai diversi. Questo almeno è quanto indica l'evoluzione dei prezzi della cannabis illegale negli stati dove l'uso è stato legalizzato. L'approccio adottato dalla California, ad esempio, portò all'aumento del prezzo della cannabis legale e ciò, a sua volta, aprì uno spazio per il mercato illegale. I produttori legali dell'Oregon, invece, possono offrire un prezzo basso grazie alla rimozione di alcuni ostacoli burocratici e alla riduzione delle tasse amministrative. Questo ha fatto salire l'offerta e crollare il prezzo della marijuana legale quasi del 50%.
Margini di profitto maggiori con la cannabis illegale
I margini di profitto economico nel mercato clandestino sono più elevati rispetto a quelli dell'industria legale. Ecco perché il mercato illecito è così difficile da combattere. Non dover eseguire ispezioni, utilizzare certi prodotti o preoccuparsi per soddisfare i requisiti sanitari e di sicurezza permette sia ai produttori che ai distributori di ridurre i costi e aumentare i margini.
Photo Credit: Vapor Vanity
Non è sempre stato illegale
Sebbene negli ultimi decenni la legislazione statunitense è stata estremamente restrittiva, non è sempre stata così. Infatti, nella prima metà del XX secolo, l'industria della canapa negli USA era in buona salute. Dopo alcuni problemi, l'industria della canapa è stata condannata a morte con il Controlled Substances Act, approvata nel 1970, che ha reso le normative ancora più rigorose per quanto riguarda la cannabis, vietando al contempo la marijuana e la canapa.
L'FDA cambia idea
Con l'approvazione dell'Agriculture Improvement Act, l'FDA (la Food and Drug Administration) ha annunciato che cercherà di regolamentare in maniera più favorevole la produzione e la vendita di prodotti derivati dalla cannabis. Pertanto, si prevede che, nel corso dei prossimi messi, il mercato legale diventi più ampio. Le giuste decisioni potrebbero porre fine o almeno far diminuire il mercato illegale. Le scelte sbagliate invece potrebbero avere un impatto negativo sulla legalizzazione del settore. È per questo che vogliono raccogliere l'opinione di tutti i soggetti interessati, senza eccezioni.
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