Vino della Rioja, champagne francese… Marijuana di Humboldt? I consumatori considerano la provenienza dei prodotti agricoli un fattore determinante al momento di adottare decisioni di acquisto. Proprio questo accade anche nell’industria della cannabis e i coltivatori stanno diventandone più coscienti. Una denominazione dimostra non solo il luogo d’origine del prodotto ma anche i processi di coltivazione, le condizioni climatiche/del terreno e gli standard di qualità a cui è stato sottoposto.
La cannabis è una pianta antichissima che è riuscita ad adattarsi sia alle zone tropicali che alle valli montane. Grazie alla sua versatilità, sono nate varietà in tutto il mondo, superando anche alla vite. Ogni genetica di marijuana si è adeguata in modo ottimale all'ubicazione geografica in cui è dovuta crescere, dalle montagne secche dell'Afghanistan alle foreste tropicali della Giamaica, catturando la vera essenza dell'ambiente.
Il carattere unico di ogni varietà è dovuto ai fattori ambientali della regione che portano allo sviluppo di piante dalla testura, dal sapore e dall'aroma molto particolare. Ma per capire realmente l'importanza dell'origine, da un punto di vista pratico o spirituale che sia, bisogna andare ben oltre le condizioni climatiche: è importante tenere conto dei processi di coltivazione, di raccolta e di concia; insomma, ciò che il lavoro umano apporta. Le decisioni del grower possono quindi fare la differenza nel migliorare o peggiorare le proprietà acquisite dall'ambiente.
L'importanza delle origini geografiche della marijuana
Questo concetto agricolo è arrivato pure alla cannabis e non sorprende. Molte regioni, come la contea di Humboldt (California), con una lunga tradizione di coltivazione di marijuana, veramente meritano una denominazione di origine che valorizzi il loro lavoro e il proprio marchio. Come col vino, quello che la denominazione intende è, in poche parole, aggiungere valore ad un prodotto dimostrando l'uso di metodi tradizionali e i migliori controlli di qualità durante la sua elaborazione.
La legalizzazione della marijuana è stata accolta con grande entusiasmo dagli utenti in quanto significa un maggior controllo e meno persone incarcerate per possesso. I grower, invece, si trovano in un vero e proprio inferno, inondati da montagne di norme destinate a proteggere l'ambiente e l'utente che poi condizionano gli agricoltori. Dunque un bel modo per risarcirli è riconoscendo il lavoro svolto tramite la creazione di denominazioni d'origine regionali.
Questo dibattito è sorto in particolar modo in California, in cui vi è il progetto di attribuire una denominazione d'origine ad alcune delle varietà che si coltivano nello stato. È ciò che sta provando ad ottenere il Mendocino Appellations Project (MAP), un'idea sviluppatasi nella contea di Mendocino che tenta di attribuire questo titolo alle coltivazioni per "proteggere la coltura specifica e le caratteristiche specifiche della cannabis".
"L'obbiettivo è proteggere la proprietà intellettuale dei coltivatori nelle contee di Mendocino e Humboldt, nonché nell'Emerald Triangle", sostengono. Ci troviamo a un punto dove i produttori dello stato hanno sviluppato metodi di coltivazione e genetiche uniche capaci di prosperare in vari microclimi e i consumatori acclamano il sapore talmente particolare della cannabis del nord della California. Il momento di proteggere un prodotto così prezioso è arrivato.
Verso il pieno riconoscimento della cannabis californiana
Nel 2017, il Senato californiano ha approvato un progetto di legge che ordinava al California Department of Food and Agriculture di mettere in atto, entro il 1 gennaio 2021, "un processo che permettesse ai coltivatori autorizzati di stabilire denominazioni di norme, pratiche e varietali applicabili alla cannabis coltivata in un'area geografica determinata". La divisione CalCannabis Cultivation Licensing sta investigando e compilando le opinioni delle parti interessate per il CalCannabis Appellations Project, un sistema che mira a regolare, entro la fine del 2019, le denominazioni di California in modo da permettere ai grower di cannabis autorizzati di creare denominazioni di origine.
A tale fine, l'obiettivo del MAP è quello di formalizzare l'etichettatura ignorando aspetti come i confini tra le contee e rappresentando le comunità di produttori che si sono stabilite nel corso degli anni in base ai vincoli ambientali e colturali di ogni zona. I dati relativi ad ogni fattoria rivelerebbero l'effetto che il terreno e il microclima avrebbero sui cannabinoidi e i terpeni. A seconda dei dati, l'idea che il nord della California sia speciale si rafforzerebbe e tutti quanti saprebbero che la cannabis californiana è completamente diversa da qualsiasi altra erba.
Protezione per i coltivatori…. ma anche per i consumatori
Anche se questo non dovesse accadere, il sistema di denominazione di origine svolgerebbe un ruolo essenziale nella protezione delle economie agricole rurali e i consumatori.
I coltivatori californiani stanno certamente attraversando un brutto periodo ma le cose andranno ancora peggio quando il mercato della cannabis sarà pieno di enormi quantità di marijuana e i prezzi crolleranno di conseguenza. Questo prodotto forse basta per i consumatori che non vogliono altro che un po' di cannabis strapotente a prezzo ridotto. Eppure ci sono altri che possono permettersi di spendere un po' di più e preferiscono acquistare prodotti certificati "Emerald Triangle" contribuendo, a sua volta, alla creazione di un mercato di utenti capaci di apprezzare e capire l'eccezionalità dell'erba artigianalmente elaborata.
Così, le denominazioni mirano ad aprire la strada ai coltivatori di cannabis tradizionali che ce la facciano a rimanere a galla abbastanza a lungo da essere sostenuti dal mercato. Sfortunatamente, molti non ci riusciranno.
I piccoli agricoltori stanno vendendo le loro fattorie, rinunciando alla cannabis, perdendo le loro proprietà per colpa della banca o di investitori spietati. All'inizio dell'anno 2018, l'Associazione di Coltivatori di Cannabis dello stato ha stimato che in California c'erano 68.000 fattorie di cannabis di cui circa 6.000-15.000 si trovavano nella contea di Humboldt. A partire di ottobre dell'anno scorso, lo stato avrebbe rilasciato 5.000 licenze di coltivazione temporanea e, a novembre, solamente 7 licenze complete. Allora, in cinque anni, potrà la quarta parte di questi agricoltori di Humboldt continuare a lavorare? Probabilmente no.
La cosa migliore che può succedere ai negozi a conduzione familiare che se la cavano da soli, che formano cooperative o che ricevono l'aiuto d'investitori onesti è che il mercato della cannabis che sta per arrivare e quello artigianale trovino una via per coesistere. Per esempio, la marijuana commerciale potrebbe occuparsi di sodisfare le necessità generali con prodotti più accessibili, e la cannabis artigianale sarebbe più indirizzata ai consumatori che sanno apprezzare l'erba di massima qualità e non hanno problemi a pagare di più per un prodotto la cui eccellenza è garantita dal luogo da cui proviene.
Pertanto, l'obiettivo delle denominazioni d'origine è quello di garantire status e qualità a molti dei prodotti che acquistiamo, identificandone l'eccellenza con il luogo da cui provengono. Lo si vede già nel caso del formaggio, del vino, dell'olio d'oliva… Perché non farlo anche con la marijuana?
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